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martedì 30 agosto 2011

Volevo essere una gatta morta

Un romanzo d'esordio tutto da ridere “Volevo essere una gatta morta” in cui Chiara Moscardelli, con stile ironico e deciso dà voce a tutte quelle ragazze alla ricerca disperata di una vita normale, con un lavoro almeno soddisfacente e se possibile un fidanzato.


«La gatta morta non guida di sera (è troppo pericoloso), è spesso stanca, ha un ciclo mestruale doloroso, non guarda film horror, si fa accompagnare ovunque dal ragazzo (o cavalier servente di turno), ma concede al partner poca libertà di movimento. Di rado, esprime un'opinione originale. ».

«La gatta morta ha pochi pensieri, chiari, semplici. Nessuna dietrologia, nessuna complicazione. Ha una vita serena perché ha un unico scopo: il matrimonio. A diciotto anni ha le idee chiare su tutto ed è in grado di realizzare una cena completa per otto persone con sedici portate. A venti ha già deciso quale sarà l'uomo che sposerà».

«La gatta morta rientra in una categoria che non si conosce, abbastanza nascosta e micidiale. Prevalentemente si finge debole e insicura per accalappiare l'uomo di turno ma in realtà è assolutamente forte e determinata. Ha delle caratteristiche ben definite, non è mai scomposta, non mangia tanto, beve poco, è debole e insicura, ha fame, ha sonno, ha sempre duemila esigenze in maniera tale che l'uomo possa sempre correre da lei. E' la classica che non esprime mai un'opinione personale, è capace di adulare il proprio uomo, il suo segreto è considerarlo molto intelligente e dirglielo ogni cinque minuti anche se non è così. In questo modo lei è vincente, perché se invece una donna è indipendente, capace di essere una compagna, un'amica, una donna affettuosa, l'uomo ci diventa grande amico e confidente ma poi si sposa la gatta morta.


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Nella foto Marina La Rosa, che qualche anno fa veniva considerata gatta-morta per eccellenza.


 E voi? Cosa ne pensate delle gatte morte?


Patrizia


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